Album di guerra

Album di guerra
I Partigiani del Battaglione "Prealpi" a Gemona

lunedì 21 novembre 2011

1° maggio 1945: quell'esecuzione davanti al cimitero di Buja

Le ricerche di Celso Gallina ed Egidio Tessaro consentono di fare luce su un episodio dai contorni sinora oscuri, l'uccisione - nelle turbinose giornate della fine della guerra -  del bujese Leonardo Seravalli, che aveva rivestito anche la carica di  Segretario del fascio  di Trasaghis. Catturato dai partigiani, venne fucilato il 1° maggio 1945 nei pressi del cimitero di Buja.
La tragica vicenda di Leonardo Seravalli, un bujese che come tanti aveva aderito al fascismo, rivive infatti  nel libro “Con un manifesto avverti che mi hanno ucciso innocente”, nel quale l’autore, Celso Gallina, dialoga con Egidio Tessaro. Il volume, edito da Aviani&Aviani, sarà presentato venerdì 25, alle 20.30, alla Casa della gioventù di Santo Stefano di Buja da Gianni Cappelletti.




lunedì 14 novembre 2011

Buja: voci di un arsenale tedesco lasciato a Villa Barnaba

Storia e "leggende" paesane spesso si intrecciano. Il dato di cronaca del passaggio di villa Barnaba al Comune di Buja ha ridato linfa alla ricostruzione della figura del Podestà di Udine negli anni della guerra, Pier Arrigo Barnaba, e anche al rinascere di "leggende metropolitane" su fantomatici arsenali abbandonati (è già tanto che non si parli di tesori!). Se può essere valida una indicazione statistica, nei giorni convulsi di fine guerra, dappertutto   tutti gli edifici, tutte le strutture in precedenza adoperate dai nazisti sono state "visitate" dalle forze partigiane e dalla popolazione civile, con conseguente requisizione e asporto di tutto quanto ritenuto utile alla bisogna. Difficilmente villa Barnaba avrà  avuto un destino diverso....


Villa Barnaba, il mistero dell’arsenale dei nazisti

La notizia della maxi eredità lasciata da Enrico Marchetti (nella foto) in parte al Comune di Buja, in parte a una signora friulana che gli ha prestato assistenza negli ultimi anni, è arrivata ieri fino all’orecchio dei parenti romani dell’ingegnere. «Non lontani, ma a lui vicini sia per grado di parentela che per frequentazione», precisa la cugina Patrizia Marchetti, che ricorda anche: «La malattia della moglie nel giugno del 2005 ha determinato contatti meno frequenti a causa del trasferimento dell’uno e dell’altra a Buja, ma ciò non ha impedito ai parenti di seguire tutto quel che è accaduto». «La conoscenza di una vita dell’ingegnere – conclude - ci obbliga a precisare quanto ci sorprenda apprendere il contenuto delle ultime volontà». (m.d.c.) BUJA I colpi di scena legati all’eredità milionaria di Per Arrigo Barnaba non sono finiti. Dopo le inaspettate volontà testamentarie di Enrico Marchetti, il genero di Barnaba che, deceduto lo scorso 2 novembre, ha nominato erede universale la signora friulana che gli ha prestato assistenza negli ultimi anni della sua vita, è il lascito destinato al Comune a far parlare di sé. Si dice infatti che all’interno della grande proprietà della famiglia Barnaba, sede durante gli anni dell’occupazione tedesca di un comando della Wehrmacht, sia sepolto un vero e proprio arsenale. Un considerevole quantitativo di materiale bellico, che i nazisti avrebbero nascosto prima d’esser costretti alla fuga nell’aprile del ‘45. Verità storica o leggenda? Difficile dirlo, anche se il sindaco Stefano Bergagna, che per anni ha studiato la complessa figura di Barnaba, podestà di Udine dal ’37 al ‘44, propende per la prima ipotesi e si propone di vederci chiaro. «Sappiamo per certo che esistono cartografie e documentazioni oggi in mano al figlio dell’ufficiale tedesco che comandava la Wehrmacht a Buja ed è nostra intenzione andare a fondo e verificare se questo deposito bellico esista davvero». Bergagna racconta che in paese se ne favoleggia da tempo. «Si dice che le armi siano state seppellite sul retro della villa, sotto il pozzo, a oltre due metri di profondità dove i metal detector non sono in grado di arrivare». La storia dell’arsenale sepolto nel giardino di villa Barnaba era venuta alla luce anche un paio di anni or sono quando un esperto d’armi di Tarcento, dopo aver rintracciato in Germania l’ufficiale che comandava i nazisti a Buja, si era rivolto a Marchetti per renderlo edotto del problema. «L’ingegnere si era infuriato e aveva informato le forze dell’ordine che avevano poi effettuato qualche controllo ma senza trovare nulla», ricorda ancora il sindaco Bergagna. Dunque è solo una diceria… o forse no. «Se fosse infatti vero che il materiale bellico è stato seppellito a diversi metri di profondità – azzarda il primo cittadino - solo una minuziosa e accurata ricerca potrebbe riuscire a trovarlo, anche a fronte delle dimensioni del parco». Esteso, ricordiamolo, su circa 3 ettari di terreno. Al setaccio non potrà certo pensare il Comune, anche se l’amministrazione un tentativo vuol comunque farlo «per amore della verità storica», dice ancora il primo cittadino che nel corso delle prossime settimane intende recuperare (sempre che esistano davvero) le cartografie e i documenti inerenti la villa durante l’occupazione nazista, quando i prigionieri venivano rinchiusi e interrogati nelle cantine della prestigiosa dimora bujese. I tedeschi vi s’insediano subito dopo il 12 settembre ‘43. Nelle vicine scuole viene ospitato il reparto motorizzato, mentre la villa è il quartier generale dei tedeschi, con tanto di prigione nelle cantine da dove passano sia i partigiani che le persone da interrogare. Così fino all’aprile ’45 quando i tedeschi si danno alla fuga. «E’ in quel momento – afferma Bergagna – che si dice abbiano nascosto le armi, chissà, forse pensando di averne bisogno in un secondo momento o forse solo per evitare che se ne impossessassero i partigiani». Se ne potrà sapere di più una volta effettuate le ricerche promesse dal primo cittadino, che assicura: «Nel caso dovesse venir fuori, in futuro, che il deposito esiste provvederemo subito ad informare i Carabinieri e il Prefetto di Udine».
 Maura Delle Case

sabato 12 novembre 2011

Pier Arrigo Barnaba, il Podestà Fascista che non amava i tedeschi

Si è riparlato in questi giorni della figura del bujese Pier Arrigo Barnaba, medaglia d'oro nella prima guerra mondiale e podestà di Udine durante la seconda guerra mondiale. Si tratta di una personalità complessa, dalle molte sfaccettature.

Ecco il profilo che ne ha tracciato il "Messaggero Veneto" del 12 novembre:


Nato ad Avilla nel 1891, l’illustre bujese è ricordato per la missione che nel ’17, all’indomani della disfatta di Caporetto, lo vide paracadutarsi, primo alpino nella storia, oltre le linee nemiche. Dopo quell’episodio, che gli è valso la medaglia d’oro al valor militare, la carriera di Barnaba è stata in continua ascesa, accelerata dall’amicizia con Italo Balbo che nel ’23 Balbo lo nomina luogotenente generale della Milizia. Grazie ai legami che sa crearsi in questo periodo, Barnaba viene eletto onorevole tra le file del “Blocco Nazionale” di Benito Mussolini, poi nominato, giugno del 1925, segretario amministrativo del Partito nazionale fascista, nomina che porta il bujese a partecipare a importanti avvenimenti celebrativi del Pnf in giro per l’Italia. Le cariche per lui non finiscono qui. Subito dopo viene nominato nel consiglio direttorio nazionale del partito, quindi nel Gran consiglio del fascismo. È vicino a Mussolini, tanto che il 20 ottobre 1927 così scrive al Duce, annunciando la nascita della figlia: «La mia Simonetta ha visto la luce: sarà una futura buona madre di soldati. Ne sono certo!».
Dopo aver partecipato alla guerra in Etiopia viene nominato Podestà di Udine, nel ’37, carica che manterrà fino al ’44. Arrestato dai tedeschi con l’accusa d’aver aiutato i partigiani mentre era Podestà, viene poi liberato dietro pagamento di una cauzione e mai processato per il suo passato fascista.
La sua ultima comparsa sulla scena politica risale al ’65, quando è eletto consigliere comunale a Udine, tra le file dell’Msi. Muore due anni dopo, nel ’67. Almirante lo commemora ufficialmente in Parlamento, mentre ai funerali la bara viene avvolta nel tricolore, scortata dai carabinieri in alta uniforme a salutare un protagonista della storia d’Italia, fatto di luci ma anche di ombre.(m.d.c.)


In rete ci sono diverse pagine web dedicate a P.A. Barnaba; tra le tante, proponiamo un profilo redatto sulla base della documentazione amministrativa:

Arrigo fu il primo paracadutista alpino della storia nazionale (il terzo  paracadutista in assoluto, dopo i tenenti Tandura e Nicoloso, che però non erano alpini). Il nome di Barnaba è molto celebrato nell'ambito dei paracadutisti alpini essendo lui il loro precursore. Per l'occasione esporremo il paracadute originale del Barnaba che si trova nel museo della Julia (Donato al museo dalla figlia Simonetta Barnaba) e una serie di fotografie di Pier Arrigo. Pier arrigo nel '44 si dimette da Podestà di Udine. Gli risultava troppo difficile, quasi intollerabile, collaborare con i tedeschi. Suo padre e i suoi zii avevano scacciato i teutonici dall'Italia, avevano combattuto con Garibaldi. Lui stesso durante la prima guerra mondiale aveva combattuto contro gli austro-tedeschi dove ricevette diverse medaglie, tra cui quella d'oro per il lancio con il paracadute dietro le linee nemiche.  Come sapete nel febbraio '44 i tedeschi arrestarono il fratello Adolfo che poi fu deportato in Germania dove morì. Ermanno Barnaba, figlio di un altro fratello (Nino) fu ucciso ad atene il 6 dicembre 1943 dai tedeschi. Era logico che Pier Arigo non potesse essere amico del tedesco occupatore dell'Italia. Pier arrigo è stato un gerarca fascista tra i più importanti del Friuli. Nel '25 fu segretario amministrativo del partito fascista assieme a Farinacci a Roma ed anche deputato, eletto nelle liste del Blocco Nazionale. Nel '38 sempre da Podestà ricevette Mussolini ad Udine con una cerimonia e una partecipazione di folla immensa. Tuttavia dopo l' 8 settembre 1943 anche per lui cambiò il mondo. Come dicevo, nel maggio del 1944 si dimette da Podestà e in luglio i tedeschi lo arrestano perchè sospettato di collaborare con i partigiani( forse lo arrestano a Belluno e poi lo portano nelle carceri di Udine). Da quel momento tutto diventa poco chiaro, non ci sono molti documenti per ricostruire la vicenda. Sembra che verrà liberato grazie all'intervento di camerati, come il federale fascista Cabai e dopo, in qualche modo, riesce ad eclissarsi fino alla fine della guerra. Pier Arrigo dopo la guerra si candiderà alla camera dei deputati con il partito monarchico. In effetti lui era un nazionalista, aveva giurato fedeltà al Re non al Duce. Sarà il candidato monarchico più votato nel collegio di Udine, a testimonianza che la gente gli voleva ancora bene, ma il Partito monarchico non ebbe nessun seggio nel collegio di Udine. Ho consultato gli atti del Comune di Udine quando Pier Arrigo fù Podestà. Egli si adoperò moltissimo per risolvere i problemi dei cittadini in quei difficilissimi anni di guerra. Il giudizio che possiamo avere di lui, anche nel periodo fascista è comunque positivo. Non si macchiò di nessun crimine e questo gli fu riconosciuto pubblicamente anche dal Sindaco di Udine, Cadetto (democristiano) nell' orazione funebre del 1967 quando Pier Arrigo morì.
Stefano Bergagna
(http://xoomer.virgilio.it/bacar/ARRIGO.htm)


Per la Valle del Lago, alcune testimonianze riferiscono che P.A.Barnaba sia intervenuto, nell'autunno del 1944, per mitigare la durezza dell'intervento tedesco che aveva imposto lo sfollamento alle popolazioni del Comune di Trasaghis per far posto ai cosacchi: sarebbe un episodio che, se accertato, avrebbe una sua significatività.

sabato 5 novembre 2011

Quelle stragi di civili nel 1943-45. Un intervento di Franco Giustolisi

Franco Giustolisi, l'autore de "L'Armadio della vergogna", recentemente uscito in una nuova edizione, interviene sul "Corriere della Sera" proponendo nuovamente una riflessione sui "perchè" di quei silenzi che impedirono le indagini sui crimini.  Sono tematiche che riguardano anche il Friuli e di cui si è discusso, a suo tempo, anche a Trasaghis nel corso della presentazione del libro alla presenza dell'autore.


Le stragi naziste di civili dal ' 43 al ' 45 


Caro direttore, ti pongo gli estremi di un grande mistero. E chiedo a te, nonché a tutti i cittadini italiani, ogni aiuto possibile per risolverlo. Domenica 9, sul tuo stesso giornale, Paolo Fallai ne ha tratteggiato mirabilmente la sintesi: centinaia di stragi (615 solo nell' armadio della vergogna, ma ne sono scaturite moltissime altre neanche finite in quell' armadio), e decine di migliaia di vittime, io calcolo intorno alle 30.000, tra civili inermi, non partigiani, per lo più bambini, vecchi, donne, e nostri militari trucidati dopo che avevano alzato bandiera bianca. Questo enorme fiume di sangue italiano fu versato da mani nazifasciste tra il settembre del ' 43 e l' aprile del ' 45. Ma non basta, dato che l' Italia libera con un suo governo, il primo o il secondo a guida Alcide De Gasperi, decise di occultare il tutto per ragioni di Stato, che non spiego per motivi di spazio. Facendo così annullò le iniziative del precedente governo di centro sinistra presieduto da Ferruccio Parri che invece voleva perseguire i responsabili di quelle super feroci e immani stragi. Quindi giustizia, storia e memoria, civiltà e responsabilità varie finirono in un vecchio mobile situato in un vano semi nascosto della Procura generale militare di Roma. E lì fu «discoperto», ma ormai si trattava di una patata bollente di cui tutti cercavano di disfarsi, nella tarda primavera del 1994. Salto una serie di passaggi, per dire che ancora non era finita perché i processi aperti, dopo difficilissime e logoranti ricerche, sono stati di fatto annullati. Basti pensare che a fine 2010 i condannati all' ergastolo per quelle stragi erano 21, dicasi 21. Poi qualcuno ha tirato le cuoia, perché neanche i nazisti sono immortali, ma i sopravvissuti stanno tranquilli nelle loro residenze tedesche dato che nonostante gli appelli pubblici dei procuratori generali militari non più al soldo del potere governativo come negli anni ' 40, ai ministri della Difesa, della Giustizia e degli Esteri, in occasione delle aperture degli anni giudiziari militari, non c' è stata risposta. E non c' è stata risposta della politica di centro, di destra o di sinistra. Idem per la quasi totalità della stampa. E soprattutto tace, anzi si nasconde, chi avrebbe la responsabilità primaria di intervenire, cioè l' Anpi nazionale (anche se il neopresidente Carlo Smuraglia sembra aver ripreso l' iniziativa) dato che i civili massacrati rappresentavano le retrovie senza le quali i combattenti per la libertà non avrebbero potuto sopravvivere, e le rappresentanze dei militari. Il muro del silenzio non accenna a sbrecciarsi. Eppure, come ho scritto sul Manifesto in contemporanea con l' articolo di Fallai, si è ricordato con grande evidenza il decennale dell' attentato delle torri gemelle. E giustamente; ma perché si tace sulla più grande tragedia italiana che ha fatto per lo meno 10 volte tanto le vittime di New York ed è tra le più singolari al mondo per le sue specificità? Io, per quanto mi sia ingegnato, adoperato e indignato, non so trovare risposte. Ed ecco perché questo mio tentativo, che non sarà certamente l' ultimo, di porre il problema in modo corale attraverso il tuo giornale. 
Franco Giustolisi 
(da: Corriere della Sera, 30 ottobre 2011)

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