Album di guerra

Album di guerra
I Partigiani del Battaglione "Prealpi" a Gemona

giovedì 13 dicembre 2012

Commemorazione dei dieci fucilati di Tramonti


Il COMUNE DI TRAMONTI DI SOTTO con il patrocinio dell’Istituto Provinciale per la storia del movimento di liberazione e dell’età contemporanea di Pordenone e DELL’A.N.P.I. Provinciale di Pordenone organizza la  cerimonia di commemorazione
“10 dicembre 1944”, I DIECI FUCILATI DI TRAMONTI DI SOTTO

per domenica 16 dicembre 2012 alle ore 12.00 con la deposizione di una  corona presso il cimitero di Tramonti di Sotto. Parteciperà alla cerimonia anche il "Coro Popolare della Resistenza".
I fatti: 
Il 10 dicembre, tardo pomeriggio,del 1944 vengono portati al piccolo cimitero di Tramonti di Sotto alcuni partigiani catturati a Palcoda il giorno precedente. Alcuni di loro non hanno voluto lasciare solo il loro comandante “Battisti”. Oltre a loro, partigiani garibaldini, ci sono anche qualche partigiano osovano e qualche civile.

Cadono nelle mani dei fascisti del battaglione “Valanga” della X Mas.
Vengono rinchiusi nei locali della macelleria il 9 dicembre.
Vengono interrogati uno alla volta, nei locali del municipio, sempre in Piazza S.Croce.
Lungo il muro esterno del cimitero vengono fucilati uno alla volta, a cinque minuti di distanza uno dall’altro, dagli stessi fascisti.
I dieci fucilati sono:
SCLAVI CARLO “CHICO” 19-11-17 di Casteggio (pv) garibaldino
CECCONI ADALGERIO “MOSCHETTI” 16-11-23 di Colloredo di Montalbano garibaldino
MININ GINO “CARNERA” 24-9-25 di Tramonti di Sotto garibaldino
VILLANI SALVATORE “COSSU” 6-12-14 di Santa Teresa Di Gallura (CA) osovano
DE FILIPPO GINO “NERONE” 20-12-26 di Claut garibaldino
COMINOTTO OTTAVIO “ROMEO” 29-6-20 di Valeriano garibaldino
MOCCIA COSIMO “ALDO” 1-1-22 di Manduria osovano
RIGO OSVALDO “DAVIDE” 13-7-26 di Pontebba garibaldino
FLAMINI VITTORIO “FRACASSA”21-1-19 di Assisi garibaldino
RONDINI ULDERICO “ROMANO” 6-7-24 di Roma osovano
Per la Valle del Lago, in particolare, va ricordata la figura di Carlo Sclavi (Chico o Chicco), che fu comandante del Battaglione Sozzi che, nell'estate del 1944, prese stanza presso la latteria di Alesso. Fu tra i principali protagonisti della resistenza all'offensiva nazifascista dell'ottobre 1944, combattendo tra la Valle del Lago e la Valle dell'Arzino, per finire poi catturato e fucilato a Tramonti.

domenica 28 ottobre 2012

Un carnico sopravvissuto a Buchenwald


«Io, ultimo di Buchenwald»

Olivo Soravito, 89 anni, racconta il suo inferno di dieci mesi nel campo di sterminio. Lavorava in miniera dalle 6 alle 20, al rientro si nutriva con brodaglia e grasso di maiale. Ecco la sua storia 

OVARO. Carne da macello, null’altro. Né nome, né cognome. E neppure nazionalità o sesso. Semplicemente un numero, come il timbro che i vaqueros arroventano sulle mucche. Il suo era il 34751. Era “stampato” sulla fascetta bianca cucita addosso alla casacca a strisce. E c’era anche il triangolo rosso: il simbolo degli infami, i prigionieri politici che i nazisti o destinavano alle camere a gas oppure sfruttavano fino a farli morire di stenti e di fame in uno dei tanti inferni che hanno marchiato con stimmate indelebili la storia dell’umanità. Il suo inferno si chiamava Buchenwald.
C’era arrivato nel luglio del 1944. Pesava 82 chili. Lo aveva ritrovato il 15 aprile del 1945 un soldato italo-americano. Olivo Soravito era disteso, esausto e semincosciente accanto a una delle tante baracche del campo incendiate durante la fuga dei nazisti. Aspettava di morire, anzi, di lasciarsi morire. Attendeva la fine da quando era entrato in quel girone maledetto che avrebbe consegnato ai libri di storia testimonianze da brivido e un elenco di 56 mila morti. Pesava a stento 40 chili. «Coraggio, coraggio», gli aveva detto il soldato strattonandolo per risvegliarlo. «Dai, è finita. Ti aiuto io ad alzarti, vieni. Non avere paura. È finita...». Lui aveva guardato il militare con uno sguardo inebetito. Pensava fosse un sogno.
È il 16 luglio del 1944. Olivo sta rientrando in treno da Udine dove lavora alla costruzione di hangar per una ditta tedesca che collabora con il regime sanguinario di Hitler. Scende a Tolmezzo. Ma non fa in tempo a fare due passi che viene circondato e bloccato da agenti in divisa. Un’ora più tardi è in via Spalato per un interrogatorio-farsa. Lo accusano di essere un partigiano comunista soltanto perché vive a Liariis, frazione di Ovaro, dove i garibadini erano diventati la spina nel fianco degli occupanti. Il giorno dopo viene scaraventato dentro un carro bestiame. Una viaggio di quattro giorni senza cibo e senza acqua. Nel vagone una sorta di recipiente in legno funge da latrina.
L’incubo si materializza quando il treno si ferma proprio dentro il campo di concentramento. Scende. Si guarda in giro. Incrocia sguardi lontani di morti di fame. Un posto spettrale punteggiato da un esercito di zombie. Lo spogliano. Si riveste con un paio di calzoni, la casacca a strisce e un paio di zoccoli di legno. Nemmeno le mutande, gli danno. Olivo Soravito compirà 90 anni il prossimo 12 gennaio. Ha taciuto la sua storia per decenni. Una rimozione necessaria per non farsi devastare dal dolore. Ma quattro anni fa ha ceduto. E ha parlato con il suo compaesano Alberto Soravito. Gli squaderna i diari. Gli racconta. Gli svela i retroscena della mattanza di Buchenwald. Ne nascerà un libro che sarà presentato proprio in occasione del suo compleanno.
Adesso Olivo non ha più paura dei ricordi. Il tempo lo ha paludato con una corazza anti-tutto. «In quei mesi non ho mai pianto. Non ne avevo motivo. Aspettavo soltanto di morire, giorno dopo giorno». Già, giornate da incubo dopo una lunga notte nella baracca che ospitava centinaia di prigionieri stipati in “letti” su tre piani, come bachi da seta. «Qualcuno moriva durante la notte – ricorda – ma quando passavano le guardie riferivamo che stava dormendo così ci assicuravamo anche il suo pasto». Patate crude, grasso di maiale, brodaglie. Eccezionalmente sanguinacci e qualche tozzo di pane raffermo, rimasuglio dalle mense dei militari». Fame, tanta fame, sempre fame. E d’inverno il freddo che schiacciava la testa e non ti faceva respirare neppure di notte.
«A Buchenwald – aggiunge – si moriva di fame, di stenti, di broncopolmonite. Arrivavano le Ss e portavano i cadaveri nei forni crematori. Oppure nella fossa comune che noi aveva scavato, 40 metri per 40, quando i forni s’intasavano dal troppo “lavoro”». Olivo ha pianto soltanto una volta nella sua vita: il 18 gennaio del 1953 quando è nato suo figlio. «Ma è stato un pianto di felicità – precisa – perché quando hai tanto dolore, quando la vita è un incubo tutto si blocca, anche le lacrime. Non pensi a nulla. Non hai speranza. Non hai desideri. Non hai il tempo. Non hai il corpo». Di giorno Olivo lavora nelle miniere di sali minerali. Un turno senza fine dalle 6 del mattino alle 20. «Ma là sotto almeno si stava al calduccio: sempre 22 gradi anche d’inverno. Un altro po’ di brodaglia e via in baracca». Solo. Disteso. Raggricciato.
«Stentavi a prendere sonno, non mi ricordo a cosa pensavo. Sentivo i morsi dei pidocchi. Eppure li avrei voluti accarezzare ogni sera, uno per uno. Tra di noi si diceva che quando un prigioniero non sentiva più il morso dei pidocchi il giorno successivo sarebbe morto perché le bestiole rifiutavano il sangue di chi stava morendo. Sì, mi davano dolore, ma mi facevano sentire ancora vivo».
Domenico Pecile
(Messaggero Veneto 25 ottobre 2012)


giovedì 4 ottobre 2012

"Patria indipendente" cita le commemorazioni di Avasinis e della Valle del But

La commemorazione di Avasinis citata sulla rivista "Patria Indipendente"


La rivista "Patria Indipendente", che esce a diffusione nazionale, ha citato ampiamente, nel numero di settembre, la commemorazione tenutasi ad Avasinis lo scorso due maggio.
Nell'articolo, corredato da due immagini a colori della cerimonia, dopo una ricostruzione del contesto storico della vicenda, vengono ricordati tutti i momenti principali lungo i quali si è suddiviso l'evento: la presentazione del monologo di Elena Vesnaver, lo scoprimento di una targa con le informazioni storiche sulla vicenda, la celebrazione della santa messa il 2 maggio, gli interventi del sindaco di Trasaghis Picco, del rappresentante dei familiari delle vittime civili di guerra Geretto e l'orazione ufficiale tenuta da Alessandro Tesini, già presidente del Consiglio regionale.



Nello stesso numero, "Patria Indipendente" cita anche le commemorazioni tenutesi a Paluzza e a Sutrio per ricordare le vittime delle azioni punitive nazifasciste del luglio 1944:


sabato 29 settembre 2012

Un nuovo libro sull'occupazione cosacca in Carnia: Krasnov l'Atamano


Krasnov l’atamano. Storia di un cosacco dal Don al Friuli



Tra le biografie di importanti personaggi storici del XX secolo uscite recentemente “Krasnov l’atamano. Storia di un cosacco dal Don al Friuli”, pubblicata dalla Libreria Editrice Goriziana, è senza dubbio una delle più interessanti.
Scritto dallo studioso friulano Fabio Verardo e dotato della prefazione di Enrico Folisi, questo libro, di facile lettura e molto documentato, è il primo studio in Italia che si pone l’obiettivo di tracciare la storia completa del comandante generale dei cosacchi, attingendo a varie fonti archivistiche, sia italiane sia estere, tra cui i documenti, inediti, derivanti dai fondi conservati negli Hoover Institute Archives della Stanford University.
Scrittore, autore di varie opere fra cui un grande romanzo della letteratura russa, tradotto in più lingue nella prima metà del secolo scorso, Dall’aquila imperiale alla bandiera rossa, Petr Nicolaevic Krasnov fu un accanito oppositore della rivoluzione bolscevica, in quanto monarchico, ortodosso e antisemita.
Nella prima parte della dettagliata ricostruzione della sua figura, Verardo ricompone le tappe della carriera del valoroso ufficiale, dal servizio nell’esercito imperiale zarista in missioni diplomatiche e quale corrispondente di guerra, alle azioni nel corso del Primo conflitto mondiale.
Successivamente, dal 1918 al 1919, il generale cosacco fu investito dei massimi poteri militari e politici per condurre la lotta controrivoluzionaria nella parte meridionale dell’ex-impero di Nicola II, e l’autore racconta sia il periodo della rivoluzione comunista sia la reggenza, da parte di Krasnov, dello Stato del Don in veste di atamano.
Il saggio ricostruisce l’operato del generale negli anni dell’esilio fra le due guerre mondiali, con particolare riguardo alla sua attività letteraria; porta a conoscenza del grande pubblico italiano la storia della cooperazione con la Germania di Hitler, il quale pose Krasnov a capo del complesso organismo che governava le truppe collaborazioniste dei cosacchi. Il Führer concesse a questi ultimi, che avevano affiancato i tedeschi in Russia, disertando dall’Armata Rossa in odio a Stalin e al comunismo, e che con loro si erano ritirati di fronte al contrattacco sovietico, l’alto Friuli e la Carnia quali terre di insediamento in attesa di una riconquista che avrebbe permesso a cosacchi ortodossi, e caucasici musulmani, di tornare nei loro territori di origine.
Dall’autunno del 1944 al maggio del 1945 la Carnia divenne il fulcro dell’occupazione del contingente militare cosacco-caucasico guidato dal grande atamano, che prese possesso del territorio insediandovisi con le proprie famiglie. Nel saggio è raccontato il periodo della difficile convivenza fra queste forze di occupazione, giunte in Italia per combattere i partigiani, e la popolazione locale.
Da ultimo, la tragica pagina della ritirata del contingente cosacco-caucasico, lungo un calvario che ebbe termine con la resa agli inglesi e la consegna di Krasnov, dei generali e della popolazione emigrata al loro seguito, all’Armata Rossa, cui seguì all’inizio del 1947 la condanna a morte dell’atamano e degli altri comandanti collaborazionisti cosacchi e caucasici da parte del regime di Stalin.
Un libro, questo di Verardo, avvincente, e di grande interesse anche per chi studia il tema delle migrazioni.

da: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=16930


mercoledì 12 settembre 2012

Riedizione di "Avinis, paese senza peccato", un romanzo sulla Resistenza

La casa editrice Libraria di San Daniele del Friuli ha ripubblicato, col contributo dei Comuni di Trasaghis e di Tarcento,  il romanzo di Bruna Sibille-Sizia Avinis, paese senza peccato. Ambientato in un piccolo borgo di montagna, il libro ripercorre gli anni della lotta partigiana e quelli dell’immediato dopoguerra attraverso una libera reinvenzione letteraria. Il libro è stato definito "un piccolo capolavoro riscoperto" ma va letto, appunto, come esempio di letteratura della Resistenza, senza  lasciarsi trascinare dall'idea di associare la narrazione a fatti realmente accaduti (come porterebbe, per esempio, a pensare il richiamo Avinis - Avasinis).
Il libro è in vendita presso le librerie o presso la casa editrice, libraria@alice.it al prezzo di 12 Euro.

Alla fine del libro, una preziosa postfazione del critico letterario Mario Turello che inizia così:


La prima edizione di Avinis, paese senza peccato porta la data del 25 aprile 1960. È triste che per più di mezzo secolo il romanzo di Bruna Sibille-Sizia non sia stato riproposto. Di libri come questo, che vuole essere un monito, un’esortazione alla memoria, c’è un gran bisogno: come avvertiva Tito Maniacco, strane amnesie, insidiosi revisionismi adombrano la storia della Resistenza.
Necessaria per noi, la nuova edizione, ma anche doverosa nei confronti di una scrittrice misconosciuta che, pur essendo stata salutata, esordiente ventenne, da Diego Valeri come narratrice straordinaria” e da Pier Paolo Pasolini come “una delle poche voci valide del Friuli”, non approdò mai all’editoria nazionale né ebbe l’accoglienza che meritava almeno in ambito regionale: La terra impossibile «scivolò sulla pelle d’ippopotamo di un Friuli meschino, reazionario e bigotto come una goccia d’acqua che ha sì la virtù splendente della pietra preziosa, ma svanisce», scriveva Maniacco nel 1991, anno della terza edizione dell’opera prima di Sibille-Sizia, e ancora: «in Friuli non sono molti i libri ai quali fare ritorno così come in genere spetta allo spirito di un popolo». E appunto era tempo, da tempo, di fare ritorno anche al secondo, a mio parere più bello ancora, romanzo della nostra scrittrice.
La terra impossibile, Il fronte di fango, Un cane da catena sono stati definiti romanzi documenti, e questo loro carattere è sottolineato dal corredo fotografico che li accompagna; Avinis, paese senza peccato, è invece un romanzo-romanzo, che racconta sì di fatti reali e del vissuto stesso dell’autrice, ma attraverso l’occultamento di riferimenti precisi a luoghi, persone, avvenimenti, con un effetto di estensione all’intera esperienza resistenziale friulana.
Avinis (toponimo fantastico ricavato probabilmente da quello di Avasinis, il paese in cui i tedeschi perpetrarono la strage del 5 maggio 1945) è ciascuno dei paesi che subirono il martirio degli eccidi e degli incendi nazifascisti, e la sua piccola eroica comunità è l’archetipo delle tante coinvolte nella lotta partigiana. Lo stesso vale per i personaggi – magari riconoscibili ma assunti a tipi, ruoli, valori – e per i fatti e i misfatti, gli eroismi e le tragedie. Chi volesse, potrebbe fare il percorso inverso, per restituire al racconto collocazioni e presenze più certe, prossime all’autobiografia, attraverso i diari che la giovanissima Bruna tenne tra l’8 settembre del 1943 e il 13 maggio del 1945 (e che soltanto nel 1998 si è risolta a pubblicare col titolo di Diario di una ragazza nella Resistenza) ma il romanzo, ripeto, ad essere pienamente apprezzato dal punto di vista letterario non richiede verifiche storiche: non meno vera, profondamente vera, è questa narrazione.







* L'eccidio di Avasinis, in realtà, risale al 2 maggio 1945 (n.d.r.) 

lunedì 20 agosto 2012

Ancora una volta in Ledis, per ricordare i partigiani gemonesi caduti

Si rinnova, domenica prossima, l'incontro nella chiesetta di Ledis in una cerimonia che viene proposta - e non è poco - in collaborazione tra APO e ANPI.


Gemona, commemorazione dei Caduti della Resistenza

Sabato 25 agosto e domenica 26 Gemona del Friuli rinnova il ricordo dei suoi 53 caduti nella Lotta di Liberazione: anche quest’anno infatti alla chiesetta di Ledis verranno commemorati i patrioti caduti nella Resistenza.Gemona, commemorazione dei Caduti della Resistenza
E’ la sessantasettesima volta che l’Associazione Partigiani Osoppo promuove questo momento di ricordo: infatti già nel 1946 venne deciso di dedicare l’ultima domenica di agosto a coloro che sono caduti per la difesa della patria e della liberta'. Negli anni successivi la cerimonia ha avuto luogo grazie all’impegno di tanti osovani, ma in particolare di Ezio Bruno Londero “Nino”, che quest’anno non potrà partecipare a causa di qualche problema di salute, ma che certamente prova una giusta soddisfazione nel constatare che non è venuto meno il ricordo per gli amici che hanno combattuto con lui.

L’iniziativa quest’anno viene riproposta e organizzata dall’Associazione Partigiani Osoppo assieme all’Amministrazione comunale, con la collaborazione dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese e della Sezione ANPI di Gemona-Venzone. Si iniziera' sabato 25 alle ore 17.30 presso la ex chiesa di San Michele (prospiciente il Duomo di Gemona) con l’incontro “Esperienze di memoria” nel corso del quale verra' presentata l’esperienza dell’Ecomuseo della Resistenza della Val Pellice in provincia di Torino. All’incontro, organizzato grazie ai contatti che si sono stabiliti fra l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese e l’Ecomuseo piemontese, saranno presenti amministratori e operatori del Comune di Torre Pellice che proporranno la loro esperienza di museo della memoria diffuso sul territorio.

Domenica 26 avra' luogo la cerimonia commemorativa presso la chiesetta di Ledis che inizierà con la santa messa alle ore 11, cui faranno seguito i saluti del sindaco di Gemona Paolo Urbani e del rappresentante dell’ANPI e l’intervento commemorativo del Presidente dell’APO. Seguira' un momento conviviale organizzato dall'Associazione “Borc Taviele”.


(http://altofriuli.com/dai-comuni/gemona--commemorazione-dei-caduti-della-resistenza.htm)

mercoledì 11 luglio 2012

Definito il programma delle commemorazioni del 1944 in Val del But


68° ANNIVERSARIO dell’eccidio della Valle del Bût: il programma delle commemorazioni nei diversi Comuni

 
VENERDI  20 LUGLIO 2012
Ore 21.00  PALUZZA
Presso il cinema- teatro Daniel Proiezione del documentario storico
CARNIA 1944 Il sangue degli innocenti di Dino Ariis, il filmato tratta gli eccidi di Malga Lanza e Malga Cordin e raccoglie le testimonianze di abitanti di Paularo, Paluzza e di testimoni austriaci
Saluto del Sindaco Elia Vezzi

SABATO 21 LUGLIO 2012
Ore 10.30 PRAMOSIO
S. Messa nella cappella della malga in suffragio delle vittime dell’eccidio del 1944
Ore 11.30 Saluto delle Autorità 

Ore 21.00 TREPPO CARNICO
Galleria d’Arte Moderna “Enrico De Cillia”
Proiezione del documentario storico
Carnia 1944. Un'estate di libertà, dedicato all'esperienza della Repubblica partigiana della Carnia
Saluto del Sindaco Maurizia Plos

DOMENICA 22 LUGLIO 2012
Ore 10.00 PALUZZA
Deposizione corona d’alloro presso la lapide in piazza XXI - XXII luglio
Saluto del Sindaco Elia Vezzi
Ore 10.30 SUTRIO
partenza del corteo dal municipio
Ore 11.00  
Deposizione corona d’alloro presso il Ponte sul fiume Bût
Saluto del Sindaco Manlio Mattia
Saluto del vice Presidente Provinciale dell’ A.N.P.I. Pasquale D’Avolio
Relatore: Cristiana Compagno  Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Udine
Seguirà rinfresco
Ore 20.30  RAVASCLETTO                           
Presso l’ex scuola elementare
Spettacolo Assedio regia di Nicoletta Oscuro e drammaturgia di Barbara Bregant
Saluto del Sindaco Flavio De Stalis

MERCOLEDI  25 LUGLIO 2012
Ore 21.00  CERCIVENTO
Presso la Cjase da Int
Il Canzoniere di Aiello in concerto



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