La rivista nazionale dell'Anpi "Patria Indipendente" ospita, nel numero 8 datato settembre 2011, un articolo del presidente provinciale Federico Vincenti sulla cerimonia tenutasi lo scorso luglio a Rattendorf Alm, in Austria, quando è stata ricordata la figura del comandante partigiano carnico "Augusto" e, con lui, quella del movimento di Liberazione che ha operato nella Carnia. L'articolo di Vincenti si sofferma anche sulle indagini svolte recentemente per arrivare alla definizione precisa del contesto di quelle lontane vicende, facendo fronte così al diffondersi di ricostruzioni affrettate se non palesemente falsate. Le vicende della zona confinaria tra Carnia ed Austria trovano così un importante spazio di documentazione su una rivista diffusa a livello nazionale.
Uno spazio per documentarsi e confrontarsi sulle vicende della seconda guerra mondiale in Friuli, in particolare nella zona del Gemonese
Album di guerra

I Partigiani del Battaglione "Prealpi" a Gemona
venerdì 21 ottobre 2011
martedì 18 ottobre 2011
Addio a Matteo Brunetti, vigile "custode della memoria"
Matteo Brunetti se ne è andato in punta di piedi. Non ha voluto "sunsûrs", nè cerimonie particolari nè necrologi. A noi piace ricordarlo per la sua costante, ferma difesa del "dovere della memoria": lui che si era trovato, ragazzo, orfano del padre, ucciso da una controbanda nazista a Malga Pramosio nel 1944, si è posto continuamente come "vigile custode", chiedendo e pretendendo che quei fatti lontani venissero conosciuti, studiati, analizzati e che di essi non venisse fatta alcuna strumentalizzazione.
Ha raccontato la sua personale esperienza in alcune videointerviste raccolte da Dino Ariis (e pubblicate nei video "Pramosio il giorno dell'infamia" e "Carnia Libera!"): sono documenti dove, accanto al dramma personale, viene ricostruito con lucidità il clima della Carnia negli anni di guerra.
Alcuni stralci presi da quelle interviste possono aiutare a conoscere la persona e tanti aspetti delle storie collettive di Paluzza e della Valle del But:
Il 20 luglio 1944 ero in malga Pramosio con mia sorella e dovevo attendere che arrivasse mio padre: sarebbe venuto la sera per la consuetudine precisa che il proprietario doveva recarsi in malga almeno 2 volte lungo la stagione per le operazioni di pesatura del latte di ogni proprietario per poi alla fine della stagione poter dare la percentuale di diritto in latticini. La data cadeva proprio il 21 luglio. Il 20, andando con un mio amico pastorello diciassettenne siamo saliti più in alto, sulle rocce e siamo stati presi di mira da fucilate di due guardie di confine austriache. Si siamo precipitati al riparo dietro una cengia per almeno due ore e poi ridiscesi con paura. Mia sorella, arrabbiatissima, ha preteso che rientrassi in paese con lei, senza fermarmi in malga. So che mio padre si è poi arrabbiato con me per non averlo aspettato ed è andato su in malga a piedi senza salutarmi.
L’indomani è successo quello che è successo… le voci di questo eccidio cominciavano a diffondersi. (...)
Ora questo gruppo (erano tutti molto giovani, giovanissimi, com’era consuetudine nelle SS.) è venuto in paese: penso che i partigiani siano venuti a conoscenza che erano scesi, perché c’è stata una scaramuccia, alcuni partigiani si sono avvicinati e hanno tirato addosso qualche raffica, ma è durato molto poco.
Loro poi se ne sono andati a passare la notte nel vivaio forestale di Cercivento , indisturbati. Erano in collegamento radio con le SS di Tolmezzo che, il giorno dopo, a piedi, sono venuti su, con armi leggere, non motorizzati. Saranno stati 25-30. Si sono congiunti con i tedeschi e si sono abbracciati, in piazza, urlando e ridendo perché erano della stessa famiglia.
A Paluzza è cominciata l’altra brutta giornata: hanno fatto i rastrellamenti e trovati tanti uomini in casa. Erano il barbiere, il meccanico… era gente che non era scappata, che faceva il suo lavoro.
Con una ferocia estrema hanno radunato tutti in piazza: dalla terrazza vedevo alcuni miei coetanei, più grandi di statura di me, scappare nel bosco, mentre io ero minuto. Vedevo scene raccapriccianti di gente picchiata a sangue, col calcio del fucile… In piazza hanno caricato addosso con degli zaini e li hanno fatti incamminare verso Tolmezzo. Arrivati al ponte di Sutrio c’è stata l’uccisione di 3-4 partigiani presi là. Il tenente della Ss che comandava il rastrellamento, giovanissimo, a cavallo, in calzoni corti, faceva togliere il tascapane a quello che era l’ultimo della fila, lo uccideva e lo gettava nel fiume: è proseguito così sino all’uccisione degli ostaggi, tranne due(...).
Per quanto riguarda la procedura delle indagini della Magistratura, per aprire un possibile processo per individuare i possibili autori di questo eccidio, non mi risulta sia stato fatto niente. La nostra famiglia non ha mai fatto alcuna azione giudiziaria: non sono in grado di dare una risposta sul perché non sia stato fatto.
Non c’era spirito di vendetta, ma di giustizia: qualcuno può essere ancora vivo. Ci sono migliaia di fatti come questi non perseguiti, anche se non è una giustificazione. Mia madre stessa ha sempre ribadito che non le interessavano vendette. D’altronde nessun altro si è mosso: un’indagine del genere poteva partire anche d‘ufficio.
Ha raccontato la sua personale esperienza in alcune videointerviste raccolte da Dino Ariis (e pubblicate nei video "Pramosio il giorno dell'infamia" e "Carnia Libera!"): sono documenti dove, accanto al dramma personale, viene ricostruito con lucidità il clima della Carnia negli anni di guerra.
Alcuni stralci presi da quelle interviste possono aiutare a conoscere la persona e tanti aspetti delle storie collettive di Paluzza e della Valle del But:
Il 20 luglio 1944 ero in malga Pramosio con mia sorella e dovevo attendere che arrivasse mio padre: sarebbe venuto la sera per la consuetudine precisa che il proprietario doveva recarsi in malga almeno 2 volte lungo la stagione per le operazioni di pesatura del latte di ogni proprietario per poi alla fine della stagione poter dare la percentuale di diritto in latticini. La data cadeva proprio il 21 luglio. Il 20, andando con un mio amico pastorello diciassettenne siamo saliti più in alto, sulle rocce e siamo stati presi di mira da fucilate di due guardie di confine austriache. Si siamo precipitati al riparo dietro una cengia per almeno due ore e poi ridiscesi con paura. Mia sorella, arrabbiatissima, ha preteso che rientrassi in paese con lei, senza fermarmi in malga. So che mio padre si è poi arrabbiato con me per non averlo aspettato ed è andato su in malga a piedi senza salutarmi.
L’indomani è successo quello che è successo… le voci di questo eccidio cominciavano a diffondersi. (...)
Ora questo gruppo (erano tutti molto giovani, giovanissimi, com’era consuetudine nelle SS.) è venuto in paese: penso che i partigiani siano venuti a conoscenza che erano scesi, perché c’è stata una scaramuccia, alcuni partigiani si sono avvicinati e hanno tirato addosso qualche raffica, ma è durato molto poco.
Loro poi se ne sono andati a passare la notte nel vivaio forestale di Cercivento , indisturbati. Erano in collegamento radio con le SS di Tolmezzo che, il giorno dopo, a piedi, sono venuti su, con armi leggere, non motorizzati. Saranno stati 25-30. Si sono congiunti con i tedeschi e si sono abbracciati, in piazza, urlando e ridendo perché erano della stessa famiglia.
A Paluzza è cominciata l’altra brutta giornata: hanno fatto i rastrellamenti e trovati tanti uomini in casa. Erano il barbiere, il meccanico… era gente che non era scappata, che faceva il suo lavoro.
Con una ferocia estrema hanno radunato tutti in piazza: dalla terrazza vedevo alcuni miei coetanei, più grandi di statura di me, scappare nel bosco, mentre io ero minuto. Vedevo scene raccapriccianti di gente picchiata a sangue, col calcio del fucile… In piazza hanno caricato addosso con degli zaini e li hanno fatti incamminare verso Tolmezzo. Arrivati al ponte di Sutrio c’è stata l’uccisione di 3-4 partigiani presi là. Il tenente della Ss che comandava il rastrellamento, giovanissimo, a cavallo, in calzoni corti, faceva togliere il tascapane a quello che era l’ultimo della fila, lo uccideva e lo gettava nel fiume: è proseguito così sino all’uccisione degli ostaggi, tranne due(...).
Per quanto riguarda la procedura delle indagini della Magistratura, per aprire un possibile processo per individuare i possibili autori di questo eccidio, non mi risulta sia stato fatto niente. La nostra famiglia non ha mai fatto alcuna azione giudiziaria: non sono in grado di dare una risposta sul perché non sia stato fatto.
Non c’era spirito di vendetta, ma di giustizia: qualcuno può essere ancora vivo. Ci sono migliaia di fatti come questi non perseguiti, anche se non è una giustificazione. Mia madre stessa ha sempre ribadito che non le interessavano vendette. D’altronde nessun altro si è mosso: un’indagine del genere poteva partire anche d‘ufficio.
venerdì 14 ottobre 2011
Nuova edizione per "L'Armadio della vergogna". Il libro di Giustolisi è stato presentato anche a Trasaghis
"L'armadio della vergogna", il libro di Franco Giustolisi che documenta l'insabbiamento di numerose inchieste avviate contro i responsabili delle stragi naziste in Italia, ha ora una nuova edizione. Già all'epoca della sua uscita il libro aveva fatto assai discutere. Franco Giustolisi era venuto anche a Trasaghis, il 2 febbraio 2006, quando aveva illustrato le tappe della sua ricerca e gli elementi raccolti relativamente a quelle 2273 stragi che non avevano visto individuare responsabilità. Nell'incontro di Trasaghis si era discusso anche dell'eccidio di Avasinis, un evento doloroso che pare non abbia avuto nemmeno "l'onore" di un fascicolo aperto nell'«armadio della vergogna». Una video intervista a Franco Giustolisi, registrata quella sera a Trasaghis, è stata inserita nel video di Dino Ariis "Avasinis luogo della memoria".
Può essere visionata all'indirizzo web:
http://www.youtube.com/watch?v=kAznTEugaoA
Una recensione relativa alla riedizione del libro di Giustolisi è stata pubblicata dal "Corriere della Sera" il 9 ottobre:
Leggi tutto l'articolo:
http://archiviostorico.corriere.it/2011/ottobre/09/vergogna_dell_armadio_della_vergogna_co_9_111009039.shtml
Può essere visionata all'indirizzo web:
http://www.youtube.com/watch?v=kAznTEugaoA
Una recensione relativa alla riedizione del libro di Giustolisi è stata pubblicata dal "Corriere della Sera" il 9 ottobre:
La vergogna dell' armadio (della vergogna)
di Paolo Fallai
Franco Giustolisi è tornato in libreria con una nuova edizione de «L' armadio della vergogna» N on può esserci pace senza giustizia. E sarebbe una verità quasi banale, se non vivessimo in un Paese che, da decenni, si sforza con ogni mezzo di negarla. È tornato in libreria, con una nuova edizione, il libro di Franco Giustolisi, che ne è diventato l' assioma: L' armadio della vergogna (Beat, pagine 383, 9). La storia che Giustolisi racconta è semplice e terribile: fra il 1943 e il 1945 decine di migliaia di civili, tra loro bambini, donne, vecchi, vennero uccisi nel corso di 2.273 stragi compiute dai nazisti e dai fascisti. Avete capito bene: 2.273 stragi, in una geografia dell' orrore che non risparmia un angolo d' Italia. In questo lugubre elenco vi sono nomi conosciuti, come Stazzema, Marzabotto Fivizzano, Fossoli, Cefalonia, accanto a un elenco impressionante di località grandi e piccole che si fa fatica a trovare anche sulla carta geografica. Giustolisi, giornalista e scrittore, ricostruisce come dopo la Liberazione, molti dei responsabili di questi orrendi massacri vennero individuati. E di come siano stati aperti centinaia di fascicoli in vista di processi che avrebbero dovuto punire i colpevoli. Ma non ci furono né istruttorie, né processi. Nel 1947 migliaia di fascicoli vennero sepolti in un vecchio armadio «marrone scuro, in più parti tarlato» finito in un «andito seminascosto» di palazzo Cesi, in via degli Acquasparta a Roma, sede della Procura generale militare. Per essere sicuri che a nessuno venisse in mente di aprirlo, quel mobile aveva le ante rivolte verso il muro. Venne scoperto solo nel 1994 quando il procuratore militare Antonino Intelisano, preparando l' estradizione dall' Argentina dell' ufficiale delle SS Erich Priebke, chiese e ottenne i documenti sulla strage delle Fosse Ardeatine. È in quel momento che un vecchio mobile da ufficio, diventa «l' armadio della vergogna». Dalla sua scoperta sarebbe stato lecito aspettarsi uno scatto di dignità, capace di restituire al nostro Paese il coraggio di perseguire e finalmente processare i massacratori. Neppure questo è successo. Neanche dopo la pubblicazione della prima edizione di questo libro, ormai sette anni fa. «L' armadio della vergogna - dice Franco Giustolisi, che non ha perso la volontà di combattere, ma fatica a trovare ragioni di speranza - ormai è diventato la "vergogna dell' armadio"».
Leggi tutto l'articolo:
http://archiviostorico.corriere.it/2011/ottobre/09/vergogna_dell_armadio_della_vergogna_co_9_111009039.shtml
martedì 11 ottobre 2011
A Villach, in Austria, la mostra "Quando morì mio padre", testimonianze dai campi di concentramento sul confine orientale
12 ottobre 2011, ore 10:40 HTL (liceo tecnico) Villacco, Tschinowitscher Weg 5
Quando morì mio padre / Ko je umrl moj oče / Als mein Vater starb
Zeichnungen und Zeugnisse von Kindern aus Konzentrationslagern an der italienischen Ostgrenze.Eröffnung: Mittwoch 12. Oktober 2011, 10:40 Uhr HTL Villach, Tschinowitscher Weg 5
Begrüßung, Grußworte: Hans Haider, Bürgermeister Helmut Manzenreiter.
Einleitender Vortrag: Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento del confine orientale(Zeichnungen und Zeugnisse von Kindern aus den Konzentrationslagern der italienischen Ostgrenze) Dario Mattiussi, Centro Isontino di Ricerca e Documentazione Storica e Sociale
Öffnungszeiten: an Schultagen vom 13. bis 28. Oktober von 08:00 bis 16:00 Uhr.
Führungen: Hans Haider -04242 41675, Horst Ragusch/Silvia Biazzo-0650 2424555.
Offene workshops: Anfrage an: Silvia Biazzo und Horst Ragusch -0650 2424555, horst.ragusch@gmail.com
1.Entdecken neuer Wege im Umgang mit Ausstellungen
- Wodurch berühren und was bewirken die Zeichnungen traumatisierten Kinder?
- ihre kindliche Kunst - therapeutisch wirksam und ein unmittelbarer Zugang zu Geschichte?
2.„razza e lager“ : die verdrängte dunkle Seite Italiens: Die KZ des duce und kultureller Rassismus.
.
Stane Kumar, 1943
Es gibt kaum eine Region in Europa, in der nahezu alle Kriege und gewalttätigen Konflikte des 20. Jahrhunderts so direkte und unmittelbare Folgen hatten, wie im Alpen-Adria-Raum. Dies gilt für den Ersten Weltkrieg, wo die Region Frontlinie war, dies gilt für den antifaschistischen Widerstand, der hier begonnen hat, noch bevor in Deutschland die Nationalsozialisten die Macht ergriffen, dies gilt für den Zweiten Weltkrieg, in dem es hier nicht nur zu regulären Kämpfen kam, sondern starke Partisaneneinheiten aktiv waren, dies gilt für den Kalten Krieg, als die Ost-West-Grenze direkt durch die Region verlief und die Stadt Görz, wie Berlin, in zwei Teile spaltete. Die Elementarereignisse des 20. Jahrhunderts, – Weltkriege, Nationalsozialismus, Faschismus, antifaschistischer Widerstand, Vernichtung des Judentums, Kommunismus, post-kommunistischer Bürgerkrieg und demokratischer Wiederaufbau – für all dies war diese kleine Region ein großer Schauplatz.
Werner Wintersteiner
Die AusstellungWerner Wintersteiner
Die Zeichnungen und Schriften wurden vom Archiv der Republik Slowenien und vom Slowenischen Museum für Zeitgeschichte zur Verfügung gestellt und von Metka Gombac, Boris M. Gombac und Dario Mattiussi zusammengestellt..
Begleitende Vortragsreihe:
I campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi
(Die italienischen Konzentrationslager für die jugoslawische Zivilbevölkerung)
Alessandra Kersevan, Coordinatrice di Resistenza Storica Udine
Mittwoch, 19. Oktober 2011, 19:00 Uhr, Kulturhofkeller, Lederergasse 12
Das anständige Kärnten – eine Drohung
Zur sonderbaren Kontinuität rechten Denkens in der liberalen Gesellschaft
mit Walther Schütz, ÖIE Kärnten/Bündnis für eine Welt
Dienstag, 25. Oktober 2011, 19:00 Uhr, Kulturhofkeller, Lederergasse 12
»adesso vivevamo in un lager«Zur sonderbaren Kontinuität rechten Denkens in der liberalen Gesellschaft
mit Walther Schütz, ÖIE Kärnten/Bündnis für eine Welt
Dienstag, 25. Oktober 2011, 19:00 Uhr, Kulturhofkeller, Lederergasse 12
Präsenz von Lager und Rassismus – Absenz der Erinnerung
mit Silvia Biazzo & Horst Ragusch (Universität Klagenfurt)
Dienstag, 8. November 2011, 19:00 Uhr im Gasthof Kasino, Villach, Kaiser-Josef-Platz
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mercoledì 5 ottobre 2011
Cos’è successo a Porzus? Conferenza a Trasaghis
Il Comune di Trasaghis ha organizzato per venerdì 7 ottobre, alle 20.30, nella sala consiliare, una conferenza-dibattito sul tema “Cosa è successo a Porzus?”, introdotto dal sindaco Augusto Picco, cui seguirà una relazione storica presentata dal professor Paolo Strazzolini, docente dell’università di Udine.
Nell’invito alla popolazione si precisa che «con la trattazione del tema si intendono ricostruire, con rigore storiografico, la sequenza degli eventi, gli antefatti, i retroscena, le azioni e i destini dei vari personaggi della vicenda». Si aggiunge pure che l’incontro «sarà un’occasione di conoscenza particolare di fatti e avvenimenti accaduti sui confini orientali del Friuli, spiegati da uno studioso che al rigore storico unisce la libertà da ogni implicazione ideologica. Per tutti sarà un momento di approfondimento utile a comprendere meglio i fatti che hanno prodotto divisioni e lacerazioni nella Resistenza friulana». La trattazione dell’argomento sarà corredata della proiezione di immagini relative agli eventi.
venerdì 30 settembre 2011
Il convegno di studi storici tra Udine e Ampezzo: consuntivi e considerazioni
Una attenta riflessione del prof. Salimbeni su quanto emerso nella giornate di studi storici sulla Repubblica Libera della Carnia:
Carnia ’44 nella resistenza europea
Messaggero Veneto, 27 settembre 2011
di FULVIO SALIMBENI
La miglior risposta a quanti contestano la Resistenza e la relativa storiografia, ritenuta faziosa e retorica, è venuta dal convegno, svoltosi venerdì e sabato scorsi a Udine e ad Ampezzo per iniziativa dell'ateneo udinese e dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, dedicato all'esperienza (1944) della Repubblica partigiana della Carnia. Nei 15 contributi in cui si sono articolati i lavori, infatti, l'argomento è stato affrontato in maniera critica e problematica, analizzandolo in una prospettiva di lungo periodo, che partiva almeno dal Risorgimento, e nel contesto europeo, in un'ottica comparativa, fuori da qualsiasi impostazione localistica e celebrativa, mettendo in evidenza luci e ombre, contrasti e contraddizioni all'interno dello stesso movimento resistenziale. Se, com’è ovvio, non sono mancati i contributi di taglio più tradizionale, attenti agli aspetti militari, politici e istituzionali della vicenda in esame, studiata come risvolto particolare d'un fenomeno che ha investito tutta l'Europa occupata dalla Germania, quelli metodologicamente più innovativi sono stati incentrati non tanto sui fatti, ormai ben noti, quanto, avvalendosi dell'apporto delle scienze sociali, su aspetti finora poco o niente considerati, riguardanti il vissuto dei protagonisti e le rielaborazioni che di quelle esperienza sono state compiute. Da qui il discutere di emozioni, percezioni, memoria e memorie, rimozioni, speranze e utopie, del rapporto tra storia e letteratura e del contributo che essa può dare all'analisi delle psicologie dei protagonisti e all'interpretazione metastorica, da leggenda, di vicende come quella, emblematica, dei cosacchi in Carnia, un argomento, questo, collocato nel più generale contesto del collaborazionismo, un fenomeno un tempo ignorato o negato e che nel convegno, invece, ha trovato ampia e critica trattazione, volta a intenderne le ragioni profonde, di là dall'opportunismo di molti, che del secondo conflitto mondiale hanno fatto una vera e propria guerra civile europea, che ha posto non solo le nazioni le une contro le altre, ma gli stessi connazionali su fronti opposti, donde l'elevatissimo tasso d'ideologia e di violenza che l'ha connotata. Altro elemento di rilievo messo a fuoco con acume la partecipazione attiva delle donne alla Resistenza in generale e a quella carnica in particolare, con le conseguenti implicazioni di riscatto ed emancipazione politica, sociale e culturale della condizione femminile, con significativi riferimenti al suo ruolo, affatto subalterno, nella società locale. Un convegno come questo, di là dalla sua valenza storiografica e civile, è anche la riprova dell'eccellenza delle istituzioni scientifiche che l'hanno promosso e attuato.
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Emmanuelli, Zannini e Salimbeni al convegno di Ampezzo |
martedì 27 settembre 2011
Cosacchi in Carnia: se ne discute ad Arta con Marina Di Ronco
Giovedì 29 settembre la rassegna "CuriosArta" terminerà con un incontro incentrato sull’occupazione cosacca in Carnia a cura della dott.ssa Marina Di Ronco (Associazione della Carnia Amici dei Musei e dell’Arte): “Ottobre 1944 – Maggio 1945. In Carnia durante l’occupazione cosacca: un racconto attraverso le immagini”.
Alcuni paesi della Carnia giunsero a contare una presenza di cosacchi superiore a quella della popolazione locale, altri furono addirittura ribattezzati con i nomi delle città cosacche storiche.
Per la Carnia furono mesi difficili, con tanti lutti, paura e miseria. Ogni famiglia dovette far posto a questi “ospiti” tanto inattesi quanto forzati e dividere con loro le poche risorse ancora disponibili.
A distanza di più di mezzo secolo le case della Carnia conservano ancora testimonianze di questa occupazione: qualche foto, utensili, ritagli di giornale… frammenti di un quotidiano, che offrono lo spunto per una riflessione su questa vicenda da un punto di vista inusuale.
(notizia riportata dal sito www.carnia.la )
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