Album di guerra

Album di guerra
I Partigiani del Battaglione "Prealpi" a Gemona

sabato 22 marzo 2014

Memorie della Resistenza nella Valle del But

L’ Associazione Nazionale Partigiani d’Italia - sezione Val But

promuove un incontro dal tema:

CARNIA, GUERRA E RESISTENZA 
IN VAL BUT 
con riferimento alle memorie di Romano Marchetti “Da Maiaso al Golico dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel ‘900 italiano”

L’incontro avrà luogo a Cercivento il 29 marzo 2014 alle ore 18.00  presso la sala comunale “Cjase da int” e sarà condotto dalla dott. Laura Matelda Puppini, curatrice del volume  di Romano Marchetti ed autrice di altre opere relative alla Carnia.






venerdì 7 marzo 2014

"Venzone in guerra", un'occasione per rileggere anche la storia di Resia nel 1944-45

E' uscito nello scorso dicembre il volume “Venzone in guerra”  curato da Pieri Stefanutti ed edito dall’Associazione “Amici di Venzone”. Il  libro ricostruisce le vicende del secondo conflitto mondiale che hanno coinvolto il territorio e la popolazione di Venzone, dai riflessi in paese delle numerose perdite militari sui diversi fronti, allo sbando dell'esercito dopo l'8 settembre 1943, alla nascita della Resistenza, ai difficili mesi della occupazione cosacca  per arrivare alle tumultuose giornate tra la fine di aprile e l'inizio di maggio del 1945 quando accanto alle iniziative partigiane per la liberazione della cittadina si ebbero le dure reazioni tedesche culminate con l'uccisione del parroco mons. Lucardi.
La  ricerca ricostruisce le  sofferenze delle popolazioni non solo di Venzone, ma anche alle zone  contermini di Gemona, Moggio, Chiusaforte e Resia. In particolare, i due ultimi anni del conflitto vengono analizzati attraverso una ricca documentazione finora inedita, raccolta presso diversi archivi della Regione e integrata da testimonianze orali capaci di offrire una ricostruzione degli avvenimenti che tiene conto di molteplici aspetti complementari.
Dopo la presentazione ufficiale del volume a Venzone e l'interesse suscitato nella cittadina, il libro sarà presentato anche a Resia.
L'Associazione “Amici di Venzone” e l'Associazione culturale Museo della Gente della Val Resia

C.A.M.A. (Comitato Associativo Monumento all’Arrotino) danno infatti appuntamento per la presentazione del libro domenica 9 marzo 2014, alle ore 20.00 presso il Museo dell’Arrotino a Stolvizza, in comune di Resia.  Il libro sarà presentato dalla dottoressa Paola Fontanini, presidente dell'Associazione "Amici di Venzone". Sarà presente l’autore Pieri Stefanutti. Nel corso dell'incontro verranno analizzate in modo particolare le vicende del territorio di Resia durante il 1944-45, dove vennero ad agire contemporaneamente (e talvolta a  confrontarsi in maniera decisa) formazioni partigiane italiane e slovene.

Oseacco, cippo per i caduti della Resistenza


mercoledì 26 febbraio 2014

Addio al Cid, "partigiano a vita"

Addio,  Cid. Lo si vedeva passare per Bordano, dove aveva scelto di abitare, poteva capitare al massimo, negli ultimi anni, di vederlo spingersi in bicicletta fino a Gemona... Persona schiva, riservata. Dava confidenza a pochi. In pochi sapevano del suo passato di comandante partigiano. Tra quei pochi, però, attraverso complicati percorsi, ci sono persone di rilievo nel mondo culturale, da Danilo De Marco a Pierluigi Cappello, da Peter Handke ad Erri De Luca.
E proprio Erri De Luca ha tracciato un profilo assai significativo di Sergio il Cid:

El Cid (foto Danilo De Marco)
La faccia di Sergio è una foto segnaletica del 1900. C’è la mappa dei bivacchi in montagna, uomini saliti a decimare e a farsi decimare, comandanti a vent’anni.
Il fuoco è il compagno dei partigiani, il fumo è la spia che li denuncia.
Si impara a fare un fuoco senza fumo, legna secca, senza foglia.
S’impara a togliersi le spie dal pelo. S’impara a disperdere le tracce, a marciare di notte, a sistemare una carica esplosiva, a organizzare un’imboscata a partire dalla via di fuga.
Il 1900 è stata la piú grande scuola di guerra per truppe irregolari.
La faccia di Sergio è scritta.
Gli operai hanno spesso gli occhi stretti, con intorno un reticolo di rughe cresciute come filo spinato a protezione delle pupille. Vengono da lavori che alzano polvere, fumo, schegge. Gli operai si riparano stringendo gli occhi nelle ore di turno.
I partigiani hanno gli occhi al servizio delle orecchie, pronti a voltarsi, a calcolare al volo.
Hanno febbre d’insonnia. Sergio è rimasto partigiano a vita. La guerra si prolungò per lui con l’esilio per non essersi fermato il 25 aprile del’45. Si era arruolato da solo salendo in montagna, non si faceva sciogliere da un atto ufficiale. La fine della guerra era soltanto la sconfitta militare e dei nazisti e dei fascisti, ma la vittoria dei partigiani non era arrivata. Era stata interrotta.
Sergio da allora è partigiano a vita. Non si è pacificato con nessun potere costituito, la repubblica era solo meno peggio dell’infame monarchia.
La faccia di Sergio è andata a piedi tutta la vita. Si è fatto la barba con la neve, i suoi occhi hanno un infrarosso che illumina il cuore di un uomo e lo fruga senza bisogno di fare domande.
Sergio non si sbaglia: di fronte a un’alternativa sceglie sicuro la più scomoda.
A una tavola lascia che gli altri si servano prima, in una discussione ascolta e poi prende in giro con un paio di occhiatacce quello che l’ha sparata grossa, ha dichiarato il punto che non ha. Sergio è il nostro capostipite, un vicolo cieco.
Dietro di lui si chiude il nostro 1900, il secolo più lungo della storia. (Erri De Luca)


I funerali del Cid (Sergio Cocetta) verranno celebrati venerdì 28 alle 14.30 a Bordano.

Maggiori dettagli sulla sua figura:
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2014/02/26/news/addio-a-sergio-cocetta-il-partigiano-cid-1.8744981 

venerdì 20 dicembre 2013

Sabato 21 la presentazione del libro "Venzone in guerra"

“Venzone in guerra. Note per una ricostruzione delle vicende della seconda guerra mondiale a Venzone”. E’ questo il titolo del nuovo Bollettino che l’Associazione Amici di Venzone ha appena dato alle stampe. L’autore, Pieri Stefanutti, vi ripercorre gli anni cruciali ‘43 – ‘45 sviluppando un racconto corale, in cui a farsi sentire sono veramente, attraverso le fonti ampiamente citate, le voci dei protagonisti registrate nei diari di memorie, nei libri storici della Pieve, in articoli di giornale, interviste e video – interviste effettuate in anni recenti. Tra le  numerose testimonianze ci è rimasta l’eco delle parole di un certo Guido Valent, che il 25 dicembre 1942 annotava: “non c’è più tempo per pensare a nessuno, [...] c’è solo la pelle di mezzo”, testimonianza semplice e diretta di quanto disumanizzante sia la guerra. Una guerra che l’impegno degli Amici di Venzone ci permetterà di ripercorrere nelle sue vicende locali, attraverso gli occhi e le parole di protagonisti, i quali alcuni concittadini sicuramente ancora ricordano. 
(http://impegnocivicopervenzone.blogspot.it/2013/11/amici-di-venzone.html)

La presentazione del volume,  cui tutta la popolazione è invitata, è fissata per sabato 21 dicembre alle 15 nella sala Patriarca Bertrando in via Glizoio di Mels.


giovedì 12 dicembre 2013

Addio al comandante "Furore"

LA STORIA DI ELIO MARTINIS "FURORE"



di Alberto Buvoli -  Direttore dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione


È deceduto ieri mattina  Elio Martinis, 92 anni, di Ampezzo, il partigiano Furore del Comando  della Divisione Garibaldi “Augusto Nassivera” insieme a Mario Candotti Barbatoni e a Ciro Nigris Marco,uno dei protagonisti  della Repubblica libera della Carnia durante la seconda guerra mondiale. Diventa partigiano nella primavera del 1944, dopo una durissima esperienza con le truppe alpine nei Balcani e dopo essersi sottratto nell'autunno del '43 agli occupatori tedeschi, nascosto insieme ad altri compagni nei boschi sopra Ampezzo.
Era stato sempre un uomo libero, ribelle a tutte le costrizioni cui il fascismo sottoponeva gli italiani e ribelle agli occupatori tedeschi,come era stato sempre fortemente legato alla sua gente, dividendo le sofferenze di suo padre muratore, dei suoi ampezzani, dei carnici,  sottomessi all'oppressione economica dei sorestans.E così, quando si trattò di scegliere con chi stare, divenne garibaldino,coltivando non solo il sogno della libertà politica, ma anche quello della liberazione della sua gente dallo sfruttamento e dalle quotidiane angherie.
Dopo l'uccisione da parte dei fascisti di un suo cugino, Battista Candotti, capì che era ora di agire, di non subire più, e divenne partigiano,uno dei primi e dei più combattivi, sempre presente nelle situazioni più difficili e dure. Insieme ai suoi compagni fu artefice di esemplari ed incisive azioni contro i presidi repubblichini e tedeschi, contro le colonne nemiche che cercavano di entrare in un territorio, la Carnia e l'Alto Friuli, che ormai era divenuto libero. In un combattimento in Val Aupa venne ferito e ricoverato nell'ospedaletto partigiano di Mione. Ma la Zona Libera era stata realizzata, e si apprestava a diventare la più importante Repubblica partigiana d'Italia.
La reazione tedesca portò all'occupazione cosacca e caucasica della Carnia, libere fino a dicembre rimasero le valli friulane dell'Arzino,Tramontina, del Cosa, del Cellina e del Meduna, insieme alla Val Colvera.
L'inverno '44-45 fu uno dei più nevosi e freddi dei secolo, la vita partigiana divenne particolarmente dura anche se c'era l'aiuto della popolazione. Sul campo, attivi, rimasero solo circa duecento garibaldini, fra iquali Furore arroccato a Malga Avedrugno. Poi venne la primavera e, con essa,la ripresa dell'attività partigiana e infine la Liberazione.
Elio Martinis portò i segni di quella aspra guerra che fu la Resistenza. Si ritrovò malato di TBC e impiegò tre anni per guarire.
Poi, negli anni che seguirono, furono due altre le passioni che coltivò e che costituiscono la più ricca eredità, insieme all'esempio della sua vita, che egli ci lascia: la pittura e la scultura, e la paleografia. Si dedicò alle arti figurative, furono numerose le esposizioni che permisero a Martinis di farsi conoscere anche a livello europeo, come dimostra un catalogo pubblicato in Svizzera che riporta le quotazioni delle opere dei pittori europei, e la nostra regione friulana compare in quel catalogo con tre nomi,quelli di Ciussi, di Celiberti e quello di Elio Martinis, di Ampezzo.
L'altra passione fu quella della paleografia: fu anche scienziato ed in contatto con i più importanti scienziati del mondo, e a lui si deve la scoperta del paleozoico carnico in importantissimi affioramenti scoperti nella zona di Preone. Martinis raccolse  pezzi di importanza mondiale, quali il pesce volante Thoracopterus martinisi (che prese il nome in onore proprio di Elio Martinis) , e il piccolo rettile arboricolo Megalancosaurus preonensis(lucertola di Preone). I risultati delle sue ricerche impreziosiscono oggi il Museo di storia naturale  che egli volle con fortissima determinazione istituire ad Ampezzo, e il Museo di storia naturale di Udine (non ancora riaperto dopo il terremoto del '76).
Con Furore ci viene a mancare un uomo di grandissimo valore, un uomo la cui memoria rimarrà nella storia della Carnia, del Friuli, e della cultura italiana.

(dalla pagina facebook dell'Anpi)

Per conoscere ulteriormente la figura di Furore, v. anche la sua testimonianza riportata dal sito "Carnia Libera":
http://www.carnialibera1944.it/partigiani/furore.htm

Furore (a destra) con Checco

venerdì 20 settembre 2013

"Gemona intitoli una via a don Pancheri". L'APO rilancia la proposta

L'Associazione Partigiani Osoppo rilancia la proposta di dedicare una via di Gemona a don Alberto Pancheri, il sacerdote degli Stimmatini che fu uno dei più attivi promotori della Resistenza gemonese.

                        

L’Apo: dedichiamo una via a don Alberto Pancheri

GEMONA L’Associazione partigiani Osoppo ha inviato in questi giorni al sindaco di Gemona, Paolo Urbani, la richiesta ufficiale di intitolare una via o una piazza della cittadina a don Alberto Pancheri, detto “Ettore”. Don Pancheri fu un eroico sacerdote della comunità degli Stimmatini che negli anni fra il 1943 e il 1945 organizzò e diresse la rete clandestina della Resistenza osovana nel Gemonese. Nel dettaglio, don Pancheri fu uno dei primi comandanti del reparto Ledra dove operò con la collaborazione dell’Azione Cattolica rappresentata allora in particolare nella cittadina pedemontana da Gioacchino Marini e Antonio Mattiussi. Della figura di Pancheri si era parlato anche nel corso di una conferenza organizzata a Gemona la scorsa estate proprio dall’Apo con la partecipazione dello storico Pieri Stefanutti di Trasaghis e di Lodovico Copetti dell’Anpi cittadino che, nel suo intervento, si era soffermato proprio sul celebre sacerdote gemonese. Già in quell’occasione, era emersa l’idea di intitolare una via o piazza del paese a don Alberto Pancheri e ora l’Associazione partigiani Osoppo ha presentato una richiesta ufficiale in tal senso all’amministrazione civica guidata dal sindaco Urbani. (p.c.)


La proposta era già stata avanzata, ancora nel 2005, dall'allora consigliere  comunale Gian Francesco Gubiani.

«Una via per don Pancheri»

GEMONA. Ricordare don Alberto Pancheri, con una lapide o dedicandogli una via: è questa la richiesta che il consigliere comunale di Glemone Vive Gianfrancesco Gubiani, con un’interpellanza per la quale aspetta risposta scritta, ha presentato nei giorni scorsi al sindaco Gabriele Marini, proponendo che l’iniziativa coincida con il 60° anniversario della Liberazione, il 25 aprile. Gubiani spiega nel documento chi fosse e di conseguenza perché il sacerdote meriti di essere ricordato dai gemonesi, sottolineando che forse lo stesso genitore del sindaco, noto partigiano gemonese, era stato coinvolto da questo personaggio: don Pancheri, infatti, per lungo tempo missionario in Cina, al rientro era stato nominato direttore del Collegio degli Stimmatini di Gemona; questo incarico, aggiunto alle conoscenze relative all’organizzazione e alla tattica di difesa apprese all’Est, gli aveva consentito di assumere un ruolo determinante nel movimento di Resistenza gemonese.
Il Padre Stimmatino non solo ha garantito protezione ai tanti giovani aderenti all’Azione Cattolica che non volevano assolvere l’obbligo della leva, ma in prima persona ha provveduto al reclutamento di questi e altri giovani nelle file partigiane della Divisione "Osoppo"; lo stesso don Alberto, ricorda Gubiani, costituì ben due battaglioni - il "Prealpi" ed il "Ledra" - di uno dei quali fu anche il comandante.
«Tra le diverse strategie adottate dal sacerdote - sottolinea in una nota il consigliere - rimase famosa l’installazione di una radio, all’interno di una statua della Madonna collocata nel giardino interno del collegio, per comunicare con gli alleati e in particolar modo con il maggiore scozzese Mc Pherson, che gli alleati avevano inviato sulle montagne di Gemona già all’indomani dell’8 settembre 1943». Il consigliere di minoranza suggerisce infine di favorire, anche attraverso l’istituzione di una borsa di studio, l’approfondimento, la valorizzazione e la pubblicazione degli studi sull’operato di don Pancheri, figura di cui molti gemonesi si sono dimenticati o, come nel caso delle generazioni più giovani, non hanno addirittura mai sentito parlare.
Natalina De Pascale



sabato 24 agosto 2013

Ricordate a Lauco la figura di Barba Livio e l'esperienza del Btg. Carnia

Resistenza, il ricordo di Romano Zoffo

Vinaio negli anni '40
LAUCO Organizzata dalla Pro loco, in collaborazione con la Casa del Popolo e con il patrocinio del Comune, si è tenuta a Lauco una serata sulla Resistenza in Carnia. L’altopiano, zona centrale e strategica, ha visto a Salvins di Vinaio la sede del comando del battaglione Carnia della formazione Osoppo, guidato, fino al settembre 1944, dal comandante di origini carniche Romano Zoffo, conosciuto come Barba Livio. La sua figura è stata tratteggiata da Laura Matelda Puppini: ufficiale dell’Esercito, reduce dalla Croazia ove aveva combattuto con gli italiani occupanti, viene descritto come uomo severo ma anche come uomo giusto e metodico. Attento e sensibile alle esigenze individuali degli osovani, promosse pure, con il sacerdote di Vinaio don Francesco Zaccomer, il taglio di un bosco comunale per poter distribuire alle povere famiglie locali la terra da coltivare. Per questo fu accusato di essere comunista, mentre era un cattolico e di idee vicine a quelle del Partito d’Azione e al Socialismo riformista. In seguito fu nominato comandante della Brigata Osoppo - Carnia, ma fu inviato nell’ottobre 1944 alla prima brigata guidata da Bolla (Francesco De Gregori) in val Resia. Durante una operazione di guerra a Tarcento, chiese la resa del presidio cosacco. Ma venne catturato, seviziato e ucciso a villa Orter. Ricordati pure Tranquillo De Caneva, Gino Beorchia, i sacerdoti don Zaccomer, don Giulio Mentil e don Giovanni Pascolini. Presente alla serata anche Romano Marchetti. (g.g.)

Foto giovanile di Romano Zoffo


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