Sul "Messaggero Veneto" del 4 agosto, Laura Matelda Puppini ha scritto una lettera per ricordare le vittime degli eccidi di Pramosio del 1944 e le tante problematiche, storiche e morali, ancora aperte:
«Quando L'Ave Maria della sera/ si spande nella valle del But/ fuori dalla casera di Pramosio/ esce un fumo di sangue rappreso./ Come una nuvola sopra la montagna/ il fumo scende spinto dal vento/ mentre il suono delle campane grida vendetta/ per il massacro di quella gente./ Finito il suono della campana/ un urlo spaventoso esce dai monti/ e, dalla cima più lontana,/ si perde nelle gole più profonde»(Ferdinando Primus, L'Ave, testo originale in friulano, in: Rodolfo Di Centa, Testimone oculare, p. 98). Perché hanno aperto loro la porta? - si chiede Diana, scrivendo all'amica Silvana (Ivi, p.88). Non potevano parlare tedesco, non li avrebbero accolti. Qualcuno di loro parlava, probabilmente, friulano. Fratello, ci apri? E loro aprirono alla morte, che parlava la loro lingua. Dicevano fossero Alto Atesini, ma fra coloro che uccisero a Pramosio vi erano italiani, anzi friulani e carnici della Ss. - ipotizza Diana (Ivi, p. 88). «Oh, Silvia - aggiunge- se ripenso a quel giorno, io rivedo quella pietosa processione, quei cadaveri straziati, quel sangue che usciva a fiume dalla porta aperta della casera.... E vorrei piangere ancora,...., vorrei gridare a quelle impassibili rocce che non si mossero a fermare la mano omicida, la mano dei fratelli». (Ivi). Si sa che fra le Ss vi erano anche italiani e friulani, si sa che i fascisti partecipavano alle rappresaglie, si sa che vi erano carnici traditori. Per non dimenticare.
Laura Matelda Puppini, Tolmezzo
Un discorso sicuramente condivisibile. Quello che però, nelle intenzioni dell'autrice, era il ricordo dei "morti di Pramosio" è diventato, sulla stampa "STORIA I Morti di Pramollo". Probabilmente un errore banale, magari un correttore automatico che ha proposto al compilatore della trascrizione la nota località turistica piuttosto che quello della malga carnica.... il tutto però risulta indicativo del clima di lontananza, materiale e psicologica, da quei fatti. Col lento, inesorabile assottigliamento dei testimoni diretti, i fatti della guerra e della Resistenza sembrano diluirsi in una sorta di memoria indistinta. Qualche tentativo per offrire uno sforzo di documentazione relativamente ai fatti citati esiste: oltre al bel libro di R. Di Centa, v. per es. i diversi articoli usciti sul periodico di Timau "Asou...geats" o i video di Dino Ariis (alla cui realizzazione ho cercato di dare un contributo) "Pramosio il giorno dell'infamia" e "Carnia 1944, il sangue degli innocenti".
Quello che preoccupa, comunque, è il diffondersi, accanto a ricostruzioni serie e documentate, di ricerche approssimative e spesso basate su un facile sensazionalismo, che magari hanno più facile presa su una opinione pubblica non particolarmente attenta. "Separare il grano dal loglio" era una operazione complessa già duemila anni fa, figuriamoci oggi. Non ci si stancherà di sottolineare, dunque, l'importanza di un lavoro di ricerca sostenuto dalle scuole e dagli organismi a ciò istituzionalmente preposti.
Pieri Stefanutti
Uno spazio per documentarsi e confrontarsi sulle vicende della seconda guerra mondiale in Friuli, in particolare nella zona del Gemonese
Album di guerra
lunedì 10 agosto 2015
I morti di Pramosio ... e la memoria indistinta
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L'errore "Pramollo invece di Pramosio" è di chi si occupa delle lettere al Messaggero Veneto, che si è già scusato con me. Inoltre non sono mai stata della Lega Nord.
RispondiEliminaHo scritto questa lettera, di ricordo, anche per far riflettere su quanto afferma, senza citare fonte alcuna, Pier Arrigo Carnier, nel suo "L' armata cosacca in Italia 1944-1945”, ed 1993, a p. 37. Così egli scrive: .( Pier Arrigo Carnier, op. cit., p.37). La versione riportata da Pier Arrigo Carnier, senza fonte alcuna, è come minimo singolare, presuppone che la strage di malga Pramosio ( Promos o Promous, in lingua locale, come in Rodolfo Di Centa) sia avvenuta scissa da quelle di Cordin e Lanza, che fosse una rappresaglia per l'azione in cui persero la vita Aulo Magrini ed altri 2 partigiani, che il gruppo che compì la strage fosse composto da soli tedeschi, che a loro dire... Come fa a sapere questo Pier Arrigo Carnier? Li ha conosciuti? Li ha intervistati? E secondo me aveva ragione Diana: se il gruppo fosse stato formato solo da tedeschi, i pastori e malgari non avrebbero aperto loro la porta. Inoltre Pier Arrigo Carnier dimentica il poi, la discesa nella valle del But, i morti di Sutrio, Paluzza e tutte le vittime di quella ferocia, su cui esiste, presso l’irsml, copia della testimonianza del segretario comunale di Paluzza, Virgilio Candido, resa all’epoca.
A me pare che alcuni, che scrivono di resistenza, dimentichino il ruolo che ebbero R.S.I. e italiani SS, in quel periodo anche nelle stragi, come ricorda pure Nuto Revelli, ufficiale effettivo del R.E.I., reduce di Russia, comandante partigiano. (Cfr. Laura e Marco Puppini, Su quel dissacrare la Resistenza che ha radici lontane: Antonio Toppan ed il suo: Fatti e misfatti …, in: www.nonsolocarnia.info).
Laura Matelda Puppini
Il partigiano FAulo, Tullio Baritussio nella malga di Ludin ha riconosciuto un fascista di Paluzza che operava con la banda che poi è andata verso Pramosio, Carnier ne ha dette tante e poi tante, mai citando fonti dirette, nel libricino che abbiamo scritto c'è anche un compendio di molte affermazioni inattendibili e fondate sul sentito dire. Dino
RispondiEliminaNe abbiamo troppo spesso fatto un lavoro di ricerca per "addetti ai lavori" ed a senso unico, con uno stacco troppo netto con la tradizione orale. E' il momento di pensare ad una opera di divulgazione che riesca a dare l'idea della complessità della storia della Resistenza, come di tutta la storia dell'umanità..
RispondiEliminaIgino Piutti (su facebook)
Nel precedente intervento era saltato il testo della citazione, indispensabile per la comprensione di quanto esposto in seguito:
RispondiElimina"Dopo l'imboscata subita a località Acquaviva, i tedeschi progettarono una rappresaglia crudele. I terribili segni del loro piano si manifestarono all'alba del 21 luglio, allorchè una controbanda tedesca, i cui componenti si erano travestiti da partigiani della "Garibaldi", autorizzata ad effettuare ogni possibile vendetta, scese dalla Carinzia sul versante carnico. Si trattava di un Kommando truppe z.b.V. ( Kommando per speciale impiego) della divisione Brandenburg e di SS, della Waffen -Gebirgs "Karstjager" Brigade (Cacciatori del Carso) [...]. (...). La controbanda raggiunse un punto dominante sul confine e travide, sul fondo sottostante, la grande malga "Pramolz". Quei tedeschi, a loro dire, agivano per difendere l'onore dell'armata tedesca che si logorava sui fronti sterminati della guerra e per vendicare la pugnalata alla schiena del movimento partigiano".( Pier Arrigo Carnier, op. cit., p.37)
"Il testo era unito ma possono accadere problemi di formattazione o altri. Quali fonti ha Pier Arrigo Carnier per affermare che furono solo tedeschi? Grazie Dino (Ariis?) per la precisazione sul fascista di Paluzza. Si potrebbe sapere chi è, o non è riportato il nome? Nel dopoguerra, mentre molti facevano scempio dei garibaldini, anche inventandone (per es. gli slavi in Carnia) o riportando alcune informazioni, magari da fonte fascista, perché i fascisti e repubblichini erano sicuramente nei paesi e dicevano la loro, quelli di sinistra puntarono, sull’onda di Palmiro Togliatti e della sua amnistia, alla pace sociale, ed omisero, spesso, i nomi per non creare danno. Con che risultati si vede ora. Per esempio chi era l’ex partigiano nota spia della val Pesarina, di cui scrive Ciro Nigris?
RispondiEliminaDott. Igino Piutti, sarebbe importante scrivere una storia della resistenza carnica documentata, e sarebbe opportuno, con tutto il rispetto, che la scrivesse uno storico, indipendentemente dalla storia dell'intero genere umano, e mi è stato chiesto di farlo. Comunque incrociando quanto scrive, nei suoi numerosi articoli e nelle sue memorie, con il linguaggio scarno dell’ufficiale e corredando con cartine, Mario Candotti, garibaldino, e quanto scrive Romano Marchetti, pure lui ufficiale del R.E.I., osovano, che nei fatti coincidono, si ha già una esauriente descrizione del periodo resistenziale in Carnia. E tale coincidenza io ho verificato, ponendo in nota a Marchetti stessi fatti da Candotti, spesso. Ed è importante, prima di scrivere altro, sfrondare la resistenza carnica dai si dice, di pensa, ho sentito, scritti sull’onda emotiva di chissà che cosa, di Porzus, di Toppan dell’ anticomunismo, della versione dei preti, dei gladiatori, della politica del dopoguerra …o frutto di vissuti fortemente emotivi interpretati su quanto si leggeva qui e là... con tutto il rispetto per gli autori.... Altri aspetti sono relativi alla resistenza italiana tutta.
Le linee, i protagonisti (ho curato l’elenco dei garibaldini carnici, che sono tantissimi, ancora inedito) ed i fatti della storia della resistenza carnica sono noti e scritti. Sulle fonti orali rimando al mio “l’uso delle fonti orali nella ricerca storica. La storia di pochi la storia di tanti”, in: http://www.storiastoriepn.it/uso-delle-fonti-orali-nella-ricerca-storica-la-storia-di-pochi-la-storia-di-tanti/ ed alla lettera la Messaggero Veneto del 28 dicembre 2013, che riportano alla cautela e capacità nell’uso di dette fonti."
Laura Matelda Puppini