Pieri Brollo, il partigiano “Tredis”,
ci ha lasciati pochi giorni fa. Non lo
vedremo più, col suo inconfondibile berretto dalla stella rossa, prendere parte
alle cerimonie, sempre pronto a raccontare e a spiegare il senso delle sue
scelte, la coerenza della sua testimonianza di lotta, in 90 anni spesi seguendo
"una fiamma di un sol color".
Raccontare la sua vita
attraverso le sue parole, raccolte in occasioni diverse, può forse avere un
senso particolare, in questo 25 aprile.
La scelta di aderire alla Resistenza
L’episodio che mi ha spinto
ad entrare nella Resistenza è stato questo: una sera stavo rientrando a casa e,
senza farmi notare dai genitori, appresi dalla loro conversazione che
l'impiegato dell'ufficio anagrafe di Gemona li aveva informati che i fascisti
avevano richiesto in Comune l'elenco dei giovani nati nelle annate 1924, 1925-1926
per arruolarsi nelle loro file. Fra questi giovani c'ero anch'io: Pietro
Brollo, nato il primo settembre 1926, figlio di Lucia Rossi e Giacomo Brollo.
Mio padre ha reagito stizzito con un
deciso “No”, anche perché egli aveva già fatto il suo dovere militare sul Piave
contro gli austriaci, a nemmeno vent'anni.
Primi contatti con i partigiani
Il primo contatto con i partigiani l’ho avuto un giorno uscendo dal lavoro nella polveriera di Osoppo, quando fui contattato da Giuseppe Zuliani (poi comandante partigiano ALPI del battaglione Matteotti) che chiese a me e ai miei compagni se avevamo portato fuori qualcosa dalla polveriera come polvere da sparo, tritolo, bombe a mano, che lui avrebbe portato agli amici delle squadra di azione partigiana a Trasaghis. Alpi, con questi amici, cominciò ad operare con le SAP prima ancora che dal cividalese giungessero Mario Lizzero ANDREA e Luigi Grion FURORE.
Sulle montagne di Avasinis
Così mi aggregai anch'io per andare
in Planecis sopra Avasinis e qui ho ritrovato i miei compaesani di Campolessi ,
provenienti tutti dal “Borc da Fan”. Alpi, il caposquadra, prima di darmi il
nome di battaglia mi disse: - dal tuo borgo sono già arrivati i 12 giovani e tu
potresti chiamarti TREDIS.
Accettai e ne fui felice e
onorato.
I miei paesani avevano avuto
fratelli morti sui fronti jugoslavo, greco, albanese e russo. E con noi c'erano
anche dei sovietici, dei francesi e qualche polacco. 3-4 giorni dopo mi diedero
in dotazione il mitra.
In Planecis capitò anche di
subire una forma di avvelenamento dovuta al verderame prodotto dal recipiente
usato per fare la polenta: ce la cavammo con dei forti mal di ventre. E, a me
il medico sovietico decise di fare un piccolo intervento chirurgico: lo eseguì
in una piccola stanza di una baita. Prelevò da una tasca il suo bisturi anche
se non so come faccio a disinfettare me e il suo arnese senza punti di sutura…
ne seguì comunque la guarigione, con una piccola cicatrice sulla guancia
sinistra. Ho pianto e il medico che non parlava bene l'italiano mi consolò
dicendo: “ ah bambino, non avere paura, io non ti faccio freccia, non ti lascio
il segno. …".
Azioni partigiane
Ogni sera andavo fuori in azione,
sempre in testa, perché conoscevo i luoghi e i sentieri; mi portavano sulla
strada Pontebbana dove partecipai alla grande azione dell' attacco contro i
cosacchi alloggiati nella scuola di Campagnola .
Nell'azione
contro i cosacchi di Campagnola, siamo arrivati con Gjno Lacje, che abitava
vicino e ci ha insegnato una stradina
per evitare le pattuglie. Io tiravo due - tre colpi alla volta, ma a
colpo sicuro, osservando le ombre che si
vedevano muovere all'interno della scuola. Siamo stati circa 35 minuti, ma uno
o l'altro della squadra, c'era sempre qualcuno che tirava!
Con la mia squadra mi ero
posizionato nel cortile di Teresa Di Vora, mentre di fronte stava la squadra la
squadra di "Eros" e la squadra di "Furore" con i sovietici
veniva da Trasaghis. Nello scontro "Eros" cadde ferito.
Andavamo anche lungo la linea
ferroviaria che attraversa Gemona: di fronte circa l'attuale ristorante da
Willy c'era un corpo di guardia tedesco in un casello ferroviario. E, qui, io e
altri siamo riuscit1 a fare deragliare un treno davanti al naso dei Tedeschi!
Ho montato la guardia sulla
rampa di Gemona, assieme ad altri e ad altri due friulani al ponte sul
Tagliamento di Braulins quando sei partigiani sovietici hanno fatto saltare un
pilone e due arcate; tra questi c'erano Silos commissario, Daniel comandante del
battaglione Stalin, il MIEDI e anche uno, Nikolaj,
che poi ha tradito ed è tornato con i cosacchi.
Da
Trasaghis a Gemona
Guadato
il fiume Tagliamento all'altezza di Braulins e proseguendo in direzione di
Campagnola, siamo usciti sulla strada all'altezza della casa cantoniera, di
fronte a via S.Pietro. Presso la scuola "Nibbio" scivolò in un
canale. Fu tratto fuori tutto inzuppato d'acqua. Poi abbiamo proseguito verso
est dove abbiamo costituito la brigata "Anita Garibaldi".
Scontri
con i cosacchi
Facevamo
spesso delle azioni improvvise contro i cosacchi, lanciando delle bombe a
percussione, che scoppiavano quando arrivavano a terra. Loro non si accorgevano
di niente, solo a scoppio avvenuto (e cominciavano a spararci dietro, ma troppo
tardi).
Un giorno io, Tigre e altri due di Magnano, passato l'Orvenco, ci siamo imbattuti in un carro cosacco; abbiamo fatto fuoco e loro sono andati a sbattere coi cavalli presso il Crist al lato della strada. Noi abbiamo attraversato l'Orvenco verso Mont Taronde e siamo entrati nel cortile di Guido Vidoni. Subito ci siamo sentiti dietro le raffiche del parabellum dei cosacchi a cavallo, ma eravamo già fuggiti.
All'incrocio della Casote, quelli di Bueriis levavano la torba. Arriva un cosacco, finge di arrendersi, ma poi scappa. Gli spariamo, prima ferendolo a un piede, poi colpendolo in testa. L'indomani, però, eravamo saliti al casale dei Moro, vicino al cimitero di Magnano. Eravamo un bel gruppo, la gente ci ha preparato un pasto addirittura col pane bianco. Mentre stavamo per mangiare, sono arrivati i cosacchi. Abbiamo cercato di difenderci sparando, ma eravamo quasi accerchiati. Ci sparavano mentre noi cercavamo di nasconderci tra le canne de granoturco, che venivano spazzate via dalle pallottole della mitragliatrice. Abbiamo avuto un solo ferito, un partigiano di Buia, Ridolini. Però abbiamo dovuto rompere l'accerchiamento, lì da cjase dal çamp, sparando.
Alla
Liberazione, col Btg. Carbonari
Nel
Carbonari c'erano tre distaccamenti: uno a Carnia, due a Gemona (uno in Godo e
l'altro in centro, con base nella Farmacia).
Il
capo era Alpi, Giuseppe Zuliani, nato "tal borc da fan", a
Campolessi. Schettino (Warren) era una specie di economo, c'era anche suo
cognato Luigi Bertossi del '23.
Eravamo
andati nella casa dell'impresario Goi. E’ stato qui che abbiamo avuto i primi contatti con
gli alleati: ci si incontrava la sera, nascostamente. C’era un piccolo
ufficiale, che ho fatto incontrare con Alpi. Venivamo di notte dalla parte
dello scalo…
Nei
giorni della Liberazione, c'era sotto il Municipio uno dei fratelli Guerra che,
con una machine-pistole e due caricatori, esortava la gente ad andare verso Montenars
e a fuggire da quelli della "glacere". Io e altri due Brollo
"Gaspar", Francesco e Luigi, ci eravamo messi a controllare gli
ultimi tedeschi. Ho recuperato anche un ferito, in un ruscello.
Il Btg. Carbonari a Gemona nei giorni della Liberazione. Tredis è in prima fila, il quarto da sinistra |
Certificato numero 12 1872
rilasciato al patriota Brollo Pietro
Nel nome dei governi dei popoli delle Nazioni Unite ringraziamo Brollo Pietro di aver combattuto il nemico sui campi di battaglia militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della Libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari.
Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell'Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi.
Nell'Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l'onore e la libertà.
Nel nome dei governi dei popoli delle Nazioni Unite ringraziamo Brollo Pietro di aver combattuto il nemico sui campi di battaglia militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della Libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari.
Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell'Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi.
Nell'Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l'onore e la libertà.
Firmato: Alexander
(maresciallo comandante supremo alleato delle
forze nel Mediterraneo centrale)
(Dichiarazioni raccolte, a più
riprese, da Pietro Bellina, Lorenzo
Londero e Pieri Stefanutti. V. anche il video “Resistenza tra Arzino, Lago e
Tagliamento” promosso dall’Auser con
riprese di Giacinto Jussa.)